mercoledì 13 dicembre 2017

Crostata cremosa ai due cioccolati mandarino e zenzero


Un guscio di frolla friabile che racchiude una crema al cioccolato bianco aromatizzata al mandarino ed un velluto al cioccolato fondente che profuma di zenzero. Agrumi e spezie per un dolce dal sapore invernale che bene si presta ad allietare le feste che ci attendono.

Da un ricettario Etoile
Per la pasta frolla
250 g di farina 00
150 g di burro
100 g di zucchero a velo
40 g di tuorli (2 di uova medie)
scorza grattugiata di mezzo limone
semi di mezzo baccello di vaniglia

Questa è la mia frolla preferita: friabile, non troppo dolce e l'impasto si stende benissimo.
Mettere in planetaria con la foglia il burro freddo a pezzetti con la farina, previamente setacciata, e gli aromi e lavorare quel tanto che serve ad ottenere un composto "sabbiato" (cioè a granuli fini; con questo metodo si inibisce lo sviluppo del glutine presente nella farina e la frolla risulta più friabile).
Unire lo zucchero a velo setacciato ed i tuorli e lavorare quel tanto che serve a far amalgamare gli ingredienti. A questo punto la ricetta prevede di formare un panetto (non tondo ma "a mattoncino" perché così il freddo penetra più uniformemente e la frolla è più semplice da stendere).
Avendo adoperato burro freddo da frigo e tuorli parimenti freddi però l'impasto da crudo si lavora bene anche subito.
In ogni caso, dopo aver foderato lo stampo (io ne ho usato uno microforato di 4 cm di altezza) e bucherellato il fondo con i rebbi di una forchetta, porre il guscio di frolla in frigorifero.
Cuocere in forno preriscaldato a 150 °C per una trentina di minuti (regolatevi con il vostro forno: potrebbero bastare una ventina). Se si usa uno stampo non microforato coprire il fondo della frolla e le pareti con carta forno e poi riempire di legumi (ciò per evitare che in cottura i bordi crollino miseramente.

Da "Dessert al piatto" di Loretta Fanella (pag. 82)
Crema di mandarino fredda
170 g di cioccolato bianco
12,5 g di burro di cacao
50 g di panna fresca
1 g di gelatina alimentare in fogli o in polvere
75 g di succo di mandarino fresco
scorza grattugiata di mandarino bio (solo la parte arancione)

Sciogliere il cioccolato a bagnomaria con il burro di cacao (non omettetelo perché ha funzione indurente; se non lo trovate in commercio, usate 2 g di gelatina alimentare anziché uno solo).
Portare a bollore la panna con la scorza di mandarino (io l'ho lasciata prima in infusione a freddo per una notte perché in tal modo il sapore è più intenso e poi l'ho portata a bollore).
Versare un po' alla volta la panna sul cioccolato sminuzzato ed emulsionare con la frusta.
Unire la gelatina, precedentemente reidratata con 5 g (un cucchiaino di caffè) di acqua fredda e poi il succo (io l'ho filtrato).
Frullare con un mixer ad immersione per affinare la struttura.
Lasciare raffreddare la crema in frigorifero per due ore, coprendola con la pellicola alimentare a contatto.

Da "Percorsi" di Gianluca Fusto
Namelaka al cioccolato fondente e zenzero
110 g di latte fresco intero
5 g di glucosio
5 g di gelatina alimentare in fogli o in polvere
25 g di acqua (per idratare la gelatina)
160 g di cioccolato fondente al 70%
225 g di panna fresca 35% di m.g.
2 g (o più) di zenzero fresco (mia aggiunta)

Reidratare la gelatina con l'acqua fredda (dovrà essere assorbita interamente).
Sminuzzare il cioccolato fondente e scioglierlo a bagnomaria.
In una casseruola portare a bollore la panna. Togliere dal fuoco, unire il glucosio, la gelatina e lo zenzero grattugiato (prima di grattugiarlo tenerlo in congelatore, diversamente fuoriuscirà il succo).
Versare il latte in tre-quattro volte sul cioccolato fondente fuso, frizionando energicamente fino ad ottenere una crema lucida.
Mixare con il frullatore ad immersione per affinare la struttura, facendo attenzione a non inglobare aria.
Controllare che il composto sia sopra i 35 °C (punto di fusione del burro di cacao) e unirvi la panna fresca.
Mixare nuovamente facendo attenzione a non inglobare bolle d'aria.
Lasciare raffreddare in frigorifero per almeno sei ore, coprendola con la pellicola alimentare a contatto.

Montaggio del dolce
Velare il fondo del guscio di frolla con uno strato leggerissimo di crema all'arancia. Posizionare internamente delle strisce di pan di spagna o di altro biscuit  (io ne ho sempre di avanzato da altre preparazioni e congelato) e poi con due sac a poche riempire il guscio di frolla alternando le due preparazioni.
Decorare con fogli di argento

venerdì 24 novembre 2017

Crostata con frangipane al gianduia




Se amate i dolci da forno, non fatevi mancare il libro di Stefano Laghi e Massimo Villa, fresco di ristampa, prima che diventi nuovamente esaurito. Quantunque pensato per i professionisti della pasticceria, se non vi mancano le tecniche di base, vi lascerà a dir poco entusiasti. E' il libro che più amo, tra quelli che compongono la mia biblioteca: ognuna delle sessanta ricette riunite nel libro, è frutto di un lavoro di ricerca estremamente accurato. Innovative e creative nelle forme e nell'accostamento dei sapori, eleganti e raffinate, ma nel contempo per nulla pretenziose. Non c'è una sola ricetta che non replicherei.
Incontro a Berlino, questo il nome della torta: "una corona di nocciole che abbraccia la crema alle mandorle: il trionfo dei profumi della frutta secca, addolciti da una nota aranciata per colore e per sapore:albicocche e mandarino"

mercoledì 22 novembre 2017

Chiffon cake



Ammetto di essere una perfezionista e per anni sono stata "malata di perfezionismo": laddove una cosa non era eseguita alla perfezione, non c'erano mezze misure. Con il passare degli anni son diventata più indulgente, ma ho mantenuto una viscerale avversione per i pressapochismi, le inesattezze e i dettagli trascurati. Anche perché il più delle volte, i dettagli...fanno la differenza e portano a risultati di gran lunga diversi.
Proprio come nel caso della ricetta di questa torta. Anche la più inesperta delle pasticcere casalinghe sa che le tortiere vanno imburrate. O no ?! Ebbene, se, eccezionalmente, lo stampo NON va imburrato, non vi sembra il caso che vada precisato nella descrizione del procedimento ?!?! Un piccolo particolare, tutt'altro che trascurabile, che se non considerato, compromette la riuscita della torta, dal momento che, se lo stampo viene imburrato, la torta, una volta capovolta, fuoriesce dallo stampo e si schiaccia perdendo in maniera irreparabile la sua sofficità senza eguali.
La chiffon cake è davvero una torta che non teme confronti con qualsiasi altra quanto a leggerezza e sofficità. Provatela e la amerete per sempre. Tra l'altro è priva di burro ed è facile e veloce da preparare.

giovedì 16 novembre 2017

Crostata al cioccolato e lamponi






Un dolce ben bilanciato, raccomandano sempre i professionisti, è dato dalla varietà delle consistenze e dei sapori. Richiede quindi una nota croccante (la frolla) ed una soffice (il ripieno) o cremosa (la ganache). Un sapore amaro, quello del cioccolato, accostato al dolce-acidulo dei lamponi, elementi tutti che troverete in questa crostata che porta la firma del maestro Ernst Knam.

venerdì 10 novembre 2017

Frollini al cacao


Un frollino con un buon grado di friabilità ed un delizioso retrogusto salato. Una pasta che si lavora molto facilmente e che si presta ottimamente quale base per crostate anche con ripieni cremosi. La ricetta è del Maestro Ernst Knam che l'ha ideata come base di una spettacolare crostata al cioccolato e lamponi realizzata come prova tecnica dai concorrenti di una puntata di Bake Off Italia (la prima della quarta edizione).

domenica 5 novembre 2017

(Simil) Gianduione



Gianduione è il nome che il Maestro Stefano Laghi ha dato alla sua creazione, realizzata in uno stampo grande da gianduiotto. Non disponendo dello stampo, ho usato un comunissimo anello in acciaio da crostate. Inevitabilmente l'effetto scenografico un po' ne risente, ma anche così la crostata ha una sua originalità. Quanto al gusto ed alla consistenza del composto al gianduia, il dolce è a dir poco strepitoso. Come lo sono, del resto, tutte le torte che portano la firma del Maestro Laghi.

lunedì 23 ottobre 2017

Il minestrone di marroni


Un piatto fumante di zuppa, minestrone o vellutata di verdura non manca mai nella mia tavola serale. Persino in estate ne sento il desiderio,  in tal caso servita a temperatura ambientale. Gli ortaggi che si prestano sono talmente tanti che le combinazioni sono moltissime.
Come vi ho raccontato nel post precedente, ho partecipato con grande interesse e gioia, all'Educational Tour del Marrone di San Zeno D.O.P. organizzato dal Consorzio di Tutela e dal Comune di San Zeno e ho così avuto modo di scoprire un piatto che non conoscevo proprio: il minestrone di marroni. Ad onor del vero, in tale occasione, di minestroni ne ho degustati ben cinque, preparati da altrettanti ristoranti della zona che si sono contesi il premio Minestron d'Oro. Ho, infatti, avuto l'onore di essere stata scelta, insieme ad altre blogger e giornaliste, come membro della giuria che ha assegnato il premio, il cui vincitore verrà proclamato domenica 29 ottobre nel corso della Festa del Marrone di San Zeno DOP. L'utilizzo dei marroni nel minestrone mi ha talmente conquistato che ieri me lo sono preparato a casa con la ricetta della Taverna Kus, pubblicata in un elegante ricettario edito dal Consorzio di Tutela, nel quale potete trovare moltissime altre ricette salate e dolci a base di marroni.


Ricetta della Taverna Kus
Ingredienti per quattro persone
100 g di patate
80 g di carote
100 g di cipolla
100 g di verza
50 g di fagioli
200 g di marroni lessati
1 spicchio d'aglio
2-3 croste di formaggio grana
qualche rametto di rosmarino
olio extravergine di oliva 

Mondare tutte le verdure e tagliarle a pezzi non troppo grossi e circa della stessa misura. Tagliare a pezzi le croste di formaggio grana.
Mettere in una pentola l'olio extravergine, scaldarlo e friggervi il rosmarino, e l'aglio schiacciato senza far prendere colore. Togliere gli aromi e aggiungere le verdure coperte d'acqua, salare e far cuocere a pentola scoperta schiumando quando necessario. Verso fine cottura aggiungere i marroni lessati (cotti in acqua salata con foglie di salvia) e le croste di formaggio.
***
Alla Taverna Kus, che, a dispetto del nome, è un ristorante molto elegante e raffinato ricavato dal un cascinale del '600, ho gustato un secondo piatto composto da sfilacci di manzo al Bardolino con spuma di marroni e noci e wafer di Monte Veronese e una sorta di Monte Blanche con marroni, vaniglia, cacao e profumo di arancia.
Avete tempo fino al 12 novembre per gustarvi queste ed altre prelibatezze a base di marroni alla Taverna Kus o in uno degli altri quattro ristoranti aderenti all'iniziativa. Non lasciatevi sfuggire l'occasione










venerdì 20 ottobre 2017

Il Marrone di San Zeno D.O.P.



Autunno, tempo di castagne e di marroni.
Ad uno sguardo non attento, le castagne potrebbero sembrare tutte di un'unica specie. Ve ne sono, invece, di varie tipologie e, talune, vantano il prestigioso marchio europeo della Denominazione di Origine Protetta.
Tra queste il Marrone di San Zeno di Montagna - ameno paesino in provincia di Verona a 650 metri dal livello del mare, ineguagliabile belvedere sulla sponda orientale del lago di Garda - al quale il marchio D.O.P. è stato conferito sin dal 2003. Si distingue da altre varietà per il suo sapore particolarmente dolce, la forma elissoidale, la pezzatura media (in ogni riccio vi sono al massimo tre frutti), la buccia sottile e lucida, il colore marrone chiaro con striature più scure. Un prodotto di nicchia, espressione dell'eccellenza agroalimentare della mia terra, il Veneto ed esclusivamente stagionale. Ed un prodotto, quello del Marrone di San Zeno, frutto del grande amore per la propria terra da parte degli abitanti locali, agricoltori e coltivatori, che curano con passione e devozione i boschi per preservarne intatte tutte le bellezze naturali. Di certo ha una resa, in termini economici, per i coltivatori, ma è limitata al massimo ad un mese all'anno. E ciò che motiva gli abitanti di San Zeno alla raccolta e commercializzazione del loro Marrone è per lo più l'appartenenza viscerale alla propria terra natale, l'intima adesione ai ritmi della natura, l'amore per la montagna ed i boschi di castagni che la abitano; non per nulla i castagneti passano di mano da una generazione all'altra e ciò che è stato ricevuto con amore, con altrettanto amore viene donato, da nonno a padre a figlio a nipote. Si respira nell'aria questo amore, oserei dire filiale, per i castagneti. L'ho letto negli occhi, l'ho sentito nelle strette di mano, l'ho udito nel timbro della voce di coloro che ho incontrato nel corso dell'Educational Tour al quale ho preso parte la scorsa settimana.
A rendere particolare il Marrone di San Zeno è, in primis, il territorio di produzione che si estende nella fascia boschiva tra il Lago di Garda ed il fiume Adige, nei Comuni facenti parte della Comunità Montana del Monte Baldo, ad un'altitudine compresa tra i 250 ed il 900 metri sul livello del mare. I castagneti, dal loro superbo belvedere sul Lago di Garda, sono baciati dal sole e beneficiano del clima temperato-umido e dei terreni acidi. Sono castagni longevi, per lo più ultracentenari, maestosi e lussureggianti, selezionati in loco e propagati nel tempo da specie autoctone per via agamica, cioè con un sistema riproduttivo che dà vita a piante identiche a quelle generanti. Del resto la coltivazione delle castagne sul Monte Baldo è testimoniata da scritti che risalgono al Medioevo. I castagneti sono iscritti in un apposito elenco - tenuto ed aggiornato dall'Organismo di Controllo della D.O.P. - che contiene gli estremi catastali dei terreni coltivati e, per ciascuna particella il nome del proprietario e dell'eventuale conduttore, la località, il numero delle piante, la produzione massima dei marroni e l'età del castagneto. Così da consentire la tracciabilità del prodotto.



Ma la peculiarità del Marrone di San Zeno Dop è data anche dalle tecniche eco-compatibili con le quali viene gestita l'intera filiera produttiva dalla coltivazione, alla raccolta ed alla trasformazione. Per garantire la naturalità del prodotto, non vengono utilizzati trattamenti chimici né tecniche di lavorazione invasiva o intensiva. tanto che 30 è il numero massimo di piante per ettaro mentre la resa produttiva è fissata in non oltre 30 kg di frutti per pianta e in 3,6 tonnellate per ettaro. Accurata la potatura al fine di mantenere inalterate le peculiari caratteristiche del marrone di San Zeno. Eventuali malattie dei castagneti vengono debellate con sistemi di lotta integrata esclusivamente biologica. Tanto che il 70% della produzione di marroni di San Zeno può fregiarsi della certificazione Bio ed il numero dei produttori che la otterranno è destinato a salire (la procedura per ottenere la certificazione è molto costosa ed è la sola ragione per la quale non tutte le 45 aziende consorziate l'hanno richiesta).
I frutti vengono raccolti a mano da terra, dopo accurata cernita volta ad eliminare quelli non sani o che presentano difetti, o fatti cadere dolcemente dalle piante con l'aiuto di una canna.




Una volta raccolti, beneficiano di trattamenti naturali di cura noti come la "novena" e la "rissara". La prima consiste nel far riposare i marroni per nove giorni in acqua fredda che viene cambiata ogni due, senza alcun aggiunta di additivo. Successivamente, i marroni sono lasciati asciugare su un pavimento in cotto in un ambiente asciutto e ventilato. La "rissara", praticata da sempre sulla zona del Baldo, consiste nell'accumulare i frutti e i ricci all'aria aperta in strati lasciandoveli per 8-15 giorni. In entrambi i casi, l'obiettivo è favorire la fermentazione naturale per far aprire il riccio e preservarlo da funghi, muffe e parassiti.


I marroni interi, sani, puliti ed asciutti sono pronti per essere commercializzati:vengono sistemati in reti sigillate, così da impedire l'estrazione dei frutti e ad ogni confezione viene apposta un'etichetta con la dicitura Marrone di San Zeno D.O.P. e relativo logo. Sull'etichetta vengono indicati il peso, l'annata di produzione ed il luogo di confezionamento, così da consentirne la tracciabilità. E ciò a tutela da tentativi di sostituzione con altre tipologie non pregiate di castagne ed a garanzia per il consumatore dell'alta qualità del prodotto.
Sull'eccellenza del marrone vigila il Consorzio di Tutela del Marrone di San Zeno D.O.P. che riunisce 45 soci e che appone il suo sigillo su ogni singola confezione di marroni che arriva al consumatore. Il Consorzio, inoltre, vigila sulla salvaguardia delle tecniche di lavorazione tradizionali e locali e si adopera per migliorare i castagneti, recuperando quelli abbandonati e trovando finanziamenti per potature straordinarie ed organizzando corsi di aggiornamento in materia di potatura e difesa dalle malattie. Quest'anno il Consorzio sta fronteggiando un problema inaspettato, quello dei cinghiali, animali non autoctoni, privi di antagonisti che in numero assai numeroso danneggiano il racconto cibandosi dei frutti a terra.
Sin dal medioevo, la castagna costituiva un elemento basilare dell'alimentazione dei montanari, essendo ricca di amido, proteine, sali minerali e vitamine e mediamente calorica e veniva consumata fresca - quantunque da crudo abbia una digeribilità alquanto scarsa - o cotta (sotto la cenere, bollita o arrostita sulla brace); oppure trasformata in farina per ricavarne pane o polenta; i frutti di minor qualità erano utilizzati, anche in un passato non troppo lontano, per nutrire i maiali, la cui carne acquistava un sapore del tutto particolare.
La commercializzazione dei marroni, già alla fine dell'800 avveniva per via diretta sui mercati settimanali e poi tramite negozianti. A partire dagli anni '20 prese invece il via, nel Comune di San Zeno di Montagna, la tradizionale Mostra Mercato del Marrone, che si svolge ogni anno nel periodo di raccolta delle castagne, tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre. Ben un terzo dell'intera produzione di marroni viene venduto dai produttori direttamente ai visitatori nel corso della Mostra. Fitto il programma degli appuntamenti che per i prossimi tre fine settimana - 21 e 22, 28 e 29 ottobre e 4 e 5 novembre - attende i visitatori. La Mostra è organizzata dal Consorzio di Tutela, in collaborazione con il Comune. Cuore della manifestazione - che prende avvio con l'apertura dei castagneti ai visitatori - è il mercatino dei sapori, dove è possibile degustare il marrone in tutte le sue molteplici vesti: i Peladèi, marroni lessati per 40 minuti in abbondante acqua fredda salata portata ad ebollizione con un rametto di salvia; le Brustolé, le caldarroste cucinate sulla brace, sul fornello od in forno ad altissima temperatura; il minestrone di marroni, rustico e saporito minestrone di verdure con aggiunta di marroni, declinato con innumerevoli varianti determinate dalla tipologia delle verdure utilizzate e dalle modalità con le quali viene preparato. Ogni casa ed ogni ristorante possiede la propria ricetta, tanto che in occasione della festa verrà assegnato il premio "Minestron d'Oro" al migliore tra quelli proposti da cinque ristoranti della zona. I produttori del Consorzio di Tutela del Marrone di San Zeno si contenderanno invece il premio del "Marron d'Oro". Sempre al mercatino dei sapori, sarà possibile degustare la birra Castanea, prodotta, manco a dirlo, con i marroni dop. A bassa fermentazione, lievemente ambrata, dal gusto deciso ma con un sentore non predominante di castagna.
Da alimento di mera sussistenza della cultura contadina la castagna è diventato ingrediente assai ricercato di piatti raffinati e prelibati. Fino al 12 di novembre i ristoratori di San Zeno hanno messo a punto cinque menù degustazione, dall'aperitivo al dolce, declinati a tema Marrone di San Zeno

lunedì 16 ottobre 2017

Panna cotta al rhum e creme chantilly ivoire pistache


Pistacchio...mon amour, lo adoro. Nel mio cono gelato non manca mai e nei dolci al cucchiaio si presta a svariati abbinamenti. Irresistibile, a patto che, quando lo si usa in pasta, sia rigorosamente quella pura di pistacchio di Bronte. Acquistatela direttamente dai produttori locali, i soli a garantirvi la qualità della materia prima.

Per 20 bicchierini
Da un ricettario di un corso Etoile Academy
per la panna cotta:
8 g di gelatina in fogli
90 g di zucchero semolato
500 g di panna fresca (35% di materia grassa) senza carragenina
50 g di rhum
semi di mezzo baccello di vaniglia

Mettere in ammollo la gelatina con 40 acqua fredda: dovrà essere assorbita interamente.
Portare a bollore la panna con lo zucchero e le bacche di vaniglia. Per estrarre le bacche bisogna incidere il baccello nel senso della lunghezza e raschiarlo con la punta di un coltello.
Incorporare la gelatina. Lasciare intiepidire e aggiungere il rhum.
Versare nei bicchierini e lasciare rapprendere in frigorifero. 

Per il crumble alla nocciola
30 g di farina
30 g di farina di nocciole
30 g di burro
30 g di zucchero semolato

Riunire tutti gli ingredienti in una terrina e lavorarli con la punta delle dita fino ad ottenere delle grosse briciole. Porre in congelatore per una trentina di minuti. Poi distribuirle sopra la teglia foderata di carta forno e cuocerle in forno preriscaldato a 180 °C per una decina di minuti. Una volta raffreddato, distribuire il crumble nei bicchierini.

Da "Masterbook" di Michalak (pag. 46)
500 g di panna fresca  (35% di materia grassa) senza carragenina
2 g di fior di sale
150 g di cioccolato bianco

Portare a bollore la panna con il fior di sale.
Sminuzzare il cioccolato e metterlo in una terrina con la pasta di pistacchio.
Versare la panna bollente sul cioccolato un po' alla volta e nel contempo mixare con un frullatore ad immersione per rendere liscia e setosa la texture.
Porre in frigo a rapprendere per una notte. Il giorno seguente montare con le fruste e con un sac a poche distribuire a ciuffi sopra il crumble.


venerdì 13 ottobre 2017

Bavarese alla vaniglia ed al gianduia


I miei amati bicchierini. Li farei all'infinito, realizzando tutte le combinazioni possibili ed immaginabili di sapori, colori e consistenze. Veloci, facili ed allegri. Piccoli quanto basta per soddisfare la voglia di dolce.


Per 14 bicchierini da 120 ml
Bavarese alla vaniglia
Da "Non solo zucchero - vol 1" di Iginio Massari (pag. 230)
150 g di latte
60 g di tuorli
90 g di zucchero
300 g di panna 
6 g di gelatina
semi di un baccello di vaniglia

Idratare la gelatina con 30 g di acqua fredda (dovrà essere interamente assorbita).
Portare a bollore il latte con il baccello di vaniglia privato dei semini che andranno invece mescolati con lo zucchero. Nel frattempo, in una casseruola mescolare i tuorli con lo zucchero (e i semi del baccello). Unire il latte, dopo aver tolto il baccello, mescolare bene e cuocere la crema fino a quando raggiunge gli 82-84 °C.
Togliere dal fuoco ed aggiungere la gelatina e lasciarla sciogliere completamente. Con un mixer ad immersione, frullare per affinare la struttura rendendola lucida e setosa.
Attendere che la temperatura si abbassi a 30 °C (in abbattitore saranno necessari pochi minuti) e nel frattempo montare la panna fino a quando arriva ad una consistenza cremosa e lucida. I professionisti la chiamano panna semimontata (io la chiamerei semiliquida). In ogni caso non deve assolutamente avere la consistenza di quella servita sui coni gelato.
Mescolando a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto (ho visto usare dai professionisti il frustino e...pochi rapidi movimenti) versare la crema sulla panna ed amalgamare il tutto.
Versare nei bicchierini e porre in frigo a solidificare (in abbattitore 20-30 minuti).

Da "Enciclopedia del cioccolato" dell'Ecol du Grand Chocolat Valrhona
Bavarese al cioccolato gianduia
40 g di tuorli
15 g di zucchero semolato
90 g di latte
90 g di panna
130 g di cioccolato gianduia
4 g di gelatina
300 g di panna fresca 35 % m.g.

Idratare la gelatina con 20 g di acqua fredda (dovrà essere interamente assorbita).
Portare a bollore il latte e la panna. Nel frattempo, in una casseruola mescolare i tuorli con lo zucchero. Unire il latte e la panna portati a bollore. Mescolare bene e cuocere la crema fino a quando raggiunge gli 82-84 °C.
Togliere dal fuoco ed unire il cioccolato precedentemente sminuzzato. Aggiungere la gelatina e lasciarla sciogliere completamente. Con un mixer ad immersione, frullare per affinare la struttura rendendola lucida e setosa.
Attendere che la temperatura si abbassi a 30 °C (in abbattitore saranno necessari pochi minuti) e nel frattempo montare la panna fino a quando arriva ad una consistenza cremosa e lucida. I professionisti la chiamano panna semimontata (io la chiamerei semiliquida). In ogni caso non deve assolutamente avere la consistenza di quella servita sui coni gelato.
Mescolando a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto (ho visto usare dai professionisti il frustino e...pochi rapidi movimenti) versare la crema al cioccolato sulla panna ed amalgamare il tutto.
Versare nei bicchierini e porre in frigo a solidificare (in abbattitore 20-30 minuti).
Decorare con nocciole caramellate e fili di caramello.

lunedì 9 ottobre 2017

Profiterole



Un dolce old fashioned come pochi. Non di quelli vintage, che, come certi oggetti definiti tali, restano di culto e conservano un loro fascino nel tempo. Ma proprio un dolce vecchio stile e fuori moda. Sebbene in certi locali, dove il tempo si è fermato, continuino imperterriti a servirlo e un noto brend dolciario persista nel produrlo. Anche quando andava di moda lo trovavo proprio brutto: la glassa opaca e spessa non si lasciava proprio guardare. Tanto più quando veniva tolto dal frigorifero e, per lo sbalzo termico, la superficie si copriva di condensa. E non lo si poteva neppure definire "brutto ma buono": tra crema diplomatica e glassa al cioccolato era nauseante come pochi altri dolci. Ma c'è ancora chi si ingolosisce alla vista di quella montagna colante di cioccolato e così mi sono lasciata estorcere la promessa che l'avrei realizzato. Questo solo perché gli occhi sgranati per la meraviglia sono di due bimbe incollate al video durante la prima puntata di Bake Off Italia 2017, nel corso della quale è stato oggetto di una delle prove alle quali sono stati sottoposti i concorrenti.



sabato 26 agosto 2017

Du chocolat au lait et des noisettes du Piemont




Se Almodovar fosse stato nella mia cucina le sere scorse, mi avrebbe scritturato per il sequel di "donne sull'orlo di una crisi di nervi". E questo non perchè io abbia il fisic du role delle bellissime protagoniste del suo capolavoro. Ma per la crisi isterica pronta ad esplodermi nel mio tete a tete con il cioccolato. Ora, si da il caso che la mia cucina sia orientata a sud-ovest e che sulla finestra batta il sole dalle due del pomeriggio fino al tramonto inoltrato. Ebbene: è  una perfetta camera di lievitazione che mantiene costanti i trenta gradi. Ho sudato più delle proverbiali sette camicie per ottenere i due sottili dischi di cioccolato al latte che compongono la ricetta, aprendo e chiudendo lo sportello dell'abbattitore non so quante volte. Per di più circondata in pellegrinaggio da familiari che mi invitavano a desistere. Ma il mio quasi esaurimento è valso la partecipazione al contest ideato da Pinella con il genio della pasticceria francese (e non solo) Pierre Hermé ed Hangar 78, la scuola di cucina e pasticceria della Silikomart
La ricetta (un nome un po' più corto no...eh ?) è tratta dal libro Plaisir Sucrés (edizioni Hachette Pratique) a pag. 14 ed è concepita come monoporzione.



Io ho realizzato una torta da 20 cm di diametro con le dosi di cui sotto
Per la dacquoise
90 g di polvere di nocciole
100 g di nocciole intere
100 g di zucchero a velo
3 bianchi d'uovo (pari a 105 g)
35 g di zucchero semolato

Preriscaldare il forno a 165 °C. Inserire le nocciole intere, attendere che la temperatura del forno salga a 170 °C poi spegnerlo e lasciarle dentro per 35 minuti. Attendere po che si raffreddino e sminuzzarle grossolanemente con un coltello.
In planetaria con la frusta montare gli albumi (precedentemente tolti dal frigo in modo che raggiungano la temperatura ambientale, in tal modo monteranno meglio e più velocemente) con lo zucchero semolato fino ad ottenere una consistenza molto densa.
Mescolare la polvere di nocciole con lo zucchero a velo setacciato (per evitare che si formino grumi) e poi unire la miscela, mescolando a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto, agli albumi montati.
Aiutandosi con un sac a poche con un beccuccio tondo da 8 mm formare sulla teglia un disco da 20 cm di diametro.
Io con queste dosi, che sono quelle indicate nel libro, ne ho ottenute due. Quello non utilizzato potete congelarlo. (oppure se lo lasciate asciugare nel forno preriscaldato a 180 °C e poi spento ottenete un biscotto friabile e molto leggero).

Per le pralinè feuilleté (metà dosi del libro)
80 g di pasta di pralinato di nocciola
25 g di cioccolato al latte
50 g di crepes dentelles
7 g di burro

Queste dosi, dimezzate rispetto a quelle del libro, sono perfette per ottenere uno strato molto sottile.
In mancanza delle crepes dentelles potete usare wafers sbriciolati.
Fondere a bagnomaria il cioccolato al latte il burro e poi unirlo al pralinato mescolando per ottenere una miscela omogenea.. 
Versare le crepes dentelles, amalgamarle bene al composto e poi distribuirlo sopra il disco di dacquoise.

Per la ganache al cioccolato al latte
190 g di cioccolato al latte
16 cl di panna fresca

Ho usato il cioccolato Valrhona Bahibe al 46% di cacao
Sminuzzare il cioccolato e porlo in un contenitore.
Portare a bollore al panna e versarla in tre riprese sul cioccolato mescolando con movimenti circolari rapidi partendo dal centro.
Affinare la struttura con un mixer ad immersione.
Coprire con la pellicola alimentare a contatto e riporre in frigo fino al momento dell'utilizzo.
Potete prepararla il giorno prima dell'assemblaggio finale del dolce

Per la chantilly al cioccolato al latte
280 g di cioccolato al latte
40 cl di panna fresca

Ho usto il cioccolato Biskelia al 34% di cacao
Sminuzzare il cioccolato e porlo in un contenitore.
Portare a bollore al panna e versarla in tre riprese sul cioccolato mescolando con movimenti circolari rapidi partendo dal centro.
Affinare la struttura con un mixer ad immersione.
Coprire con la pellicola alimentare a contatto e riporre in frigo fino a completo raffreddamento.
Quando è completamente raffreddata, montarla con uno sbattitore casalingo quel tanto che basta ad ottenere un composto spumoso.
Con un sac a poche con un beccuccio tondo colare la chantilly negli stampi globe della linea professionale della Silikomart e porre in congelatore a surgelare.

Per i fogli sottili di cioccolato al latte
260 g di cioccolato al latte.

Io ho usato il Valrhona Jivara al 40% di cacao
Temperare il cioccolato. farlo fondere a bagnomaria, togliere la casseruola dal fuoco e, spatolando su un piano di marmo, attendere che la temperatura scenda a 27 °C. Porlo di nuovo dentro la casseruola a bagnomaria. Innalzare la temperatura a 31 °C e poi versarlo su due fogli di acetato in uno stato molto sottile. Coprire con un altro foglio di acetato per evitare che solidificandosi si incurvi. Attendere che sia quasi solidificato e, con un anello di acciaio, ricavare due dischi da 20 cm di diametro e qualche disco da 4 cm

Assemblaggio del dolce.
Porre la base di dacquoise su un piatto, con un sac a poche con beccuccio da 6 mm distribuire metà della ganache. Appoggiare sopra un primo disco di cioccolato al latte, distribuire la restante parte di dacquoise e appoggiare l'altro cerchio di cioccolato. Adagiare le sfere di chantilly e terminare con la ganache.
Decorare con i dischetti di cioccolato e con scaglie di oro alimentare.

lunedì 17 luglio 2017

Focaccia a doppia lievitazione al doppio cioccolato




Altro che gelati, sorbetti, mousse, bavaresi con queste temperature ! Se sono ideali da gustare con il caldo, c'è da impazzire nel farli in una cucina come la mia che al pomeriggio è tutta al sole. I lievitati invece, vengono a meraviglia: trenta gradi e l'umidità della pianura padana sono un mix ideale per farli crescere senza tanti patemi. Eccovene una prova.


Da "Non solo zucchero - vol 1" - di Iginio Massari
Ingredienti per due focacce da un kg ciascuna

Per il primo impasto serale.
150 g di lievito naturale al terzo rinfresco
400 g di farina bianca 00 w 380
170 g di acqua
200 g di tuorlo
200 g di burro
175 g di zucchero

Io ho modificato soltanto il procedimento di inserimento degli ingredienti per adattarlo ai miei mezzi casalinghi.
Impastare con l'impastatrice con il gancio il lievito, la farina e l'acqua per una decina di minuti o comunque fino a quando l'impasto inizia a formarsi. Unire a filo i tuorli, facendo in modo che vengano assorbiti prima di aggiungerne altri. L'impasto deve diventare liscio ed elastico. Deve incordare e non deve mai perdere l'incordatura. Versare lo zucchero a pioggia, sempre ponendo attenzione a che venga assorbito dall'impasto. Da ultimo unire il burro ammorbidito a piccoli pezzi, lasciare lavorare filo a quando tirando l'impasto con i polpastrelli non avrà formato il velo. Versare sulla spianatoia, pirlarlo per dargli la forma rotonda e poi rimetterlo nella ciotola coprendola con la pellicola alimentare. Lasciare lievitare per 12 ore: il volume dovrà essere triplicato.

Per secondo impasto
125 g di farina bianca 00 w 380
50 g di burro
45 g di zucchero
50 g di tuorli
12 g di sale
semi di un baccello di vaniglia
200 g di cioccolato bianco
150 g di cioccolato fondente (mia aggiunta)

Per la glassa da preparare il giorno prima
30 g di mandorle con la pelle
12 g di armelline
23 g di nocciole tostate
180 g di zucchero semolato
10 g di farina di mais
14 g di fecola di patate
68 g di albume

In un cutter riunire tutti gli ingredienti e tritare fino ad ottenere un composto liscio. Porre in frigorifero fino al momento dell'utilizzo. La glassa va preparata dodici ore prima per consentire al composto di rilassarsi e quindi di aderire bene all'impasto del panettone.
La mattina seguente, prendere l'impasto triplicato, sgonfiarlo, inserire la farina e lavorare con la planetaria con il gancio finchè la pasta si presenterà liscia ed elastica. Unire un po' alla volta i tuorli alternati allo zucchero mescolato con i semi di un baccello di vaniglia ed impastare fino a quando l'impasto tornerà ad essere liscio ed elastico. Da ultimo unire il sale e poi il burro ammorbidito a piccoli pezzi. Infine, versare nella ciotola il cioccolato a pezzetti. Togliere dalla ciotola e versare sulla spianatoia. Lasciare riposare una trentina di minuti. Poi dividere l'impasto in due, pirlarlo e dargli la forma rotonda e metterlo dentro gli stampi a lievitare.

Quando sarà arrivato a due centimetri dal bordo, con l'aiuto di un sac a poche, distribuire la glassa sulla superficie, decorare con granella di zucchero e mandorle e cuocere a 160 °C per 50 minuti.

Appena tolte dal forno, le focacce vanno infilzate e capovolte fino a raffreddamento.




venerdì 30 giugno 2017

Bavarese al caffè e mousse al caramelia


Ci sono dolci, come quelli al cucchiaio, e sapori, come il caffè, che non hanno stagioni: le attraversano tutte e quattro con molta disinvoltura. Tanto più se convolano felicemente a nozze come quando il caffè incontra il cioccolato: un amore reciproco che mai avrà fine.

Per 20 bicchierini
Per la bavarese al caffè
250 g di latte fresco intero
75 g di tuorli
75 g di zucchero
8 g di gelatina
250 g di panna fresca 85% m.g. (senza carragenina)
2 caffè ristretti  (50 g)
10 g di caffè tostato in grani

mousse al Caramelia
75 g di panna fresca 85% m.g. (senza carragenina)
75 g di latte fresco intero
30 g di tuorli
15 g di zucchero semolato
310 g di cioccolato Caramelia
2,5 g di gelatina
250 g di panna fresca 85% m.g. (senza carragenina)


Bavarese al caffè
Premetto che io detesto il caffè per cui alla fine non l'ho assaggiata. Ho preparato questi bicchierini per un buffet ed ho intervistato i commensali: alcuni mi hanno detto che potevo caricare di più il sapore del caffè. In tal caso è sufficiente aumentare i grammi di chicchi di caffè.
Lasciare in infusione per una notte i chicchi di caffè nella panna fredda lasciandola in frigo.
Idratare la gelatina con 40 g di acqua fredda (dovrà essere interamente assorbita).
Portare a bollore il latte. Nel frattempo, in una casseruola mescolare i tuorli con lo zucchero. Unire il latte portato a bollore. Mescolare bene e cuocere la crema fino a quando raggiunge gli 82-84 °C.
Togliere dal fuoco ed unire i caffè ristretti. Unire la gelatina e lasciarla sciogliere completamente.
Attendere che la temperatura si abbassi a 30 °C (in abbattitore saranno necessari pochi minuti) e nel frattempo montare la panna fino a quando arriva ad una consistenza cremosa e lucida. I professionisti la chiamano panna semimontata (io la chiamerei semiliquida). In ogni caso non deve assolutamente avere la consistenza di quella servita sui coni gelato.
Mescolando a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto (ho visto usare dai professionisti il frustino e...pochi rapidi movimenti) versare la crema al caffè sulla panna ed amalgamare il tutto.
Versare nei bicchierini e porre in frigo a solidificare (in abbattitore 20-30 minuti).

Mousse al Caramelia
Il Caramelia è un cioccolato superlativo della Valrhona (marca utilizzata dai Professionisti) aromatizzato al caramello ed estremamente setoso al palato. Io lo acquisto on line sul sito della Peroni e poi lo porziono sottovuoto. Su Amazon lo trovate in confezioni da un kg, ma in proporzione è molto più costoso. In alternativa usate dell'ottimo cioccolato al latte.
Idratare la gelatina con 12,5 g di acqua fredda (dovrà essere interamente assorbita).
Sciogliere il cioccolato a bagnomaria e lasciare intiepidire.
Portare a bollore il latte con i 75 g di panna. Nel frattempo, in una casseruola mescolare i tuorli con lo zucchero. Unire il latte portato a bollore. Mescolare bene e cuocere la crema fino a quando raggiunge gli 82-84 °C.
Togliere dal fuoco ed unire il cioccolato. Aggiungere la gelatina e lasciarla sciogliere completamente.
Attendere che la temperatura si abbassi a 30 °C (in abbattitore saranno necessari pochi minuti) e nel frattempo montare i 250 g di panna fino a quando arriva ad una consistenza cremosa e lucida. I professionisti la chiamano panna semimontata (io la chiamerei semiliquida). In ogni caso non deve assolutamente avere la consistenza di quella servita sui coni gelato.
Mescolando a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto (ho visto usare dai professionisti il frustino e...pochi rapidi movimenti) versare la crema al cioccolato sulla panna ed amalgamare il tutto.
Con l'aiuto di un sac a poche, creare dei ciuffi sopra la bavarese.
Lo strato sottile che vedete in mezzo tra la bavarese e la mousse altro non è che del cioccolato all'80%  che ho fuso e steso in strato sottilissimo (ma ovviamente potete ometterlo).
Decorare con del gruè di cacao (fave tostate in granella).

martedì 27 giugno 2017

Granita al limone e basilico


In campo alimentare, la prima associazione mentale alla quale penso quando sento la parola estate sono l'anguria in primis e le granite. Quand'ero ragazzina, in uno spazio verde prossimo al centro città, non appena il rialzo della temperatura era chiaro segno dell'arrivo dell'estate, sbucava l' "anguriara": un'accozzaglia di tavoli instabili in metallo deformato e sedie in plastica scolorite dal sole che parevano uscite da una cantina, dove un tizio di mezza età in pantaloncini corti e canottiera bianca a costine serviva, trascinando i piedi dentro le ciabatte, quarti d'anguria con tanto di coltello dal manico in plastica colorata conficcato. Le pescava, con una mano sola, da una grande vasca di cemento, ricolma d'acqua che fuoriusciva da una canna in plastica, nella quale galleggiavano decine di angurie a  forma di siluro. Affondava la punta di un coltello al centro, quel tanto che serviva per creare una crepa. Poi infilava le dita e le apriva a metà con un colpo secco con le mani. Per mangiare l'anguria bisognava stare seduti a gambe divaricate  tenendosi un po' lontani dal tavolo: e questo per evitare che il sugo dell'anguria, scivolando sulla superficie ondulata del tavolo, finisse sulle gambe, anziché sul prato sottostante. Oltre a vendere fette di anguria, il tizio serviva granite. Prelevava di malavoglia il ghiaccio da un congelatore da banco, di quelli da gelato, che di estati ne avevano viste parecchie. Lo infilava in un tritaghiaccio assai rudimentale e ne ricavava una neve finissima che pressava con noncuranza in grandi bicchieri diseguali tra loro e pure sbeccati quà e là. Poi versava lo sciroppo, dava una mescolata approssimativa ed allungava il bicchiere al cliente. Aveva svariati tipi di sciroppi, tutti industriali e coloratissimi. Mi piaceva quel posto, sebbene non vi fosse nulla di aggraziato ed in ordine. O forse proprio per quello. Nessuno di quegli oggetti era di per sè meritevole di utilizzo decoroso. Anzi: tavoli, sedie, coltelli, bicchieri, erano stati, senza dubbio alcuno, riesumati dal buio di una cantina. Eppure sembravano aver preso vita grazie al calore ad alla luce dell'estate incipiente.

giovedì 22 giugno 2017

Mousse al miele e menta con gelatina di ciliege di Vignola e balsamico di Modena


Quando in giro per la rete vedo foto così, con il dolce tagliato, penso subito male: sospetto che l'abbiano tagliato per nascondere difetti. E proprio perché non volevo che altri facessero lo stesso pensiero riguardo a questo mio...ho tenuto in archivio foto e ricetta per tre anni. Tre anni fa, quand'ero un'incapace grave con la macchina fotografica, cercavo di imparare copiando (pure malamente) le composizioni fotografiche altrui e all'epoca vedevo tanti dolci tagliati. Da allora mi guardo bene dal fotografare sezioni di dolci.

mercoledì 14 giugno 2017

Sorbetto di pesca



I gelati di frutta delle gelaterie non mi hanno mai entusiasmato. L'aggiunta di latte e panna li rende troppo blandi di sapore. Slavati come lo è il loro colore, sovente assai pallido. Motivo per cui li faccio in casa a mio gusto: al naturale, con sola aggiunta di zucchero. Privi di grassi sono un'ottima alternativa alla frutta ed un valido espediente per farla consumare ai bambini

domenica 4 giugno 2017

Pan brioche alla frutta secca


Uso di rado il lievito di birra. Per la sola ragione che, i lievitati, per i miei tempi di vita, sono molto vincolanti per gli orari. E' pur vero che con il lievito di birra i tempi di lievitazione sono di gran lunga più corti di quelli che richiede il lievito naturale. Ma la pasta madre è molto esigente: necessita cure e dedizione costanti. Così preferisco tenerla allenata adoperandola, a discapito del lievito di birra. Ma se volete un pan brioche pronto in poco tempo, questa ricetta fa al caso vostro. Rispetto ad altre ricette di professionisti, questa del maestro Giorilli ha un minor quantitativo di burro ed è forse più vicina ad un pane che ad una brioche, ma è leggera e perfetta per la prima colazione.

mercoledì 31 maggio 2017

Crema al cioccolato fondente e caramello e mousse al mascarpone


L'inverno scorso nella mia cucina non ho fatto altro che realizzare dolci al cucchiaio nei bicchierini. Ne ho creati davvero tanti, divertendomi ad abbinare sapori e a dare vita a contrasti di colore. Il pretesto sono state alcune occasioni di festa con tante persone. I dolci monoporzione sono allegri ed accontentano gusti diversi.

martedì 23 maggio 2017

Bavarese al cioccolato fondente e cannella, gelatina al mandarino e curd di arancia


Lo scorso inverno mi sono scatenata con i bicchierini, complici una serie di occasioni di cene a buffet. Gli agrumi si sposano molto bene con il cioccolato e la cannella. Provare per credere !

Da "Enciclopedia del cioccolato" dell'Ecole du Gran Chocolat della Valrhona
Per la bavarese al cioccolato fondente e cannella
40 g di tuorli
30 g di zucchero semolato
165 g di latte
165 g di panna
120 g di cioccolato fondente 80%
2 stecche di cannella
4 g di gelatina
300 g di panna fresca 35 % m.g.

Lasciare in infusione per una notte le stecche di cannella nei liquidi (165 g di latte + 165 g di panna) lasciandola in frigo. L'infusione a freddo è una tecnica molto valida per fissare i sapori, molto più efficace di quella a caldo.
Idratare la gelatina con 20 g di acqua fredda (dovrà essere interamente assorbita).
Fondere il cioccolato a bagnomaria. Lasciare intiepidire.
Portare a bollore il latte e la panna. Nel frattempo, in una casseruola mescolare i tuorli con lo zucchero. Unire il latte e la panna portati a bollore e togliere la cannella. Mescolare bene e cuocere la crema fino a quando raggiunge gli 82-84 °C.
Togliere dal fuoco ed unire il cioccolato fuso. Aggiungere la gelatina e lasciarla sciogliere completamente. Con un mixer ad immersione, frullare per affinare la struttura rendendola lucida e setosa.
Attendere che la temperatura si abbassi a 30 °C (in abbattitore saranno necessari pochi minuti) e nel frattempo montare la panna fino a quando arriva ad una consistenza cremosa e lucida. I professionisti la chiamano panna semimontata (io la chiamerei semiliquida). In ogni caso non deve assolutamente avere la consistenza di quella servita sui coni gelato.
Mescolando a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto (ho visto usare dai professionisti il frustino e...pochi rapidi movimenti) versare la crema al cioccolato sulla panna ed amalgamare il tutto.
Versare nei bicchierini e porre in frigo a solidificare (in abbattitore 20-30 minuti).

Per la gelatina di mandarini
200 g di succo di mandarini filtrato 
20 g di zucchero
4,5 g di gelatina

I mandarino che ho usato erano in piena stagione, per cui molto dolci. A posteriori avrei potuto anche omettere lo zucchero. Diversamente, se sono aspri, aumentare lo zucchero a 40 g.
Idratare la gelatina con 22,5 g di acqua fredda (dovrà essere assorbita completamente).
Nel frattempo scaldare a 50 °C un quarto del succo, unire lo zucchero e lasciarlo sciogliere. Versare il rimanente, mescolare ed unire la gelatina (la temperatura del succo prima dell'inserimento della gelatina deve essere sopra i 30 °C).
Con una caraffa graduata, versare nei bicchierini e porre in frigo a solidificare.

Per il curd di arancia
Da "Dessert al piatto" di Loretta Fanella (pag. 183)
120 g di tuorli
50 g di uova (1 medio)
250 g di zucchero (io 125)
160 g di succo di arancia filtrato
1 g di sale
80 g di burro

Premetto che mi è capitato rarissimamente di criticare una ricetta di un professionista, soprattutto se di calibro della Fanella, ma non posso nascondervi che ho trovato le dosi dello zucchero spropositate. Mi avevano lasciata perplessa da subito. Ma io non modifico mai la ricetta di un professionista se prima non l'ho testata. Non so se c'è un errore nella grammatura o se la Fanella ha usato arance così aspre da richiedere quel quantitativo di zucchero. Propendo per l'errore nella grammatura, dal momento che lo stesso quantitativo di zucchero è indicato nella ricetta del curd di limone che c'è nello stesso libro ed il limone è, di gran lunga, più aspro. E' anche vero che il quantitativo di zucchero è bilanciato anche in ragione del peso delle uova+tuorli, in quanto lo zucchero, oltre a dare dolcezza, dà struttura al dolce. Potessi lo chiederei direttamente all'autrice. Io, l'ho rifatto con metà dose di zucchero e...a dirla tutta era troppo dolce anche così ma la crema era comunque liscia e setosa. In definitiva: fate vobis.

Cuocere a bagnomaria tutte le uova mescolate con lo zucchero, il sale ed il succo di arancia. Mescolare delicatamente con la frusta senza incorporare aria (diversamente si formeranno delle antiestetiche bollicine sulla crema). Una volta cotto (non è precisato nel libro per quanto né a quale temperatura: io ho cotto fino a 84 °C), togliere dal fuoco ed aggiungere il burro freddo a pezzetti. Mixare con un frullatore ad immersione e lasciare freddare in frigo a 4 °C per tre ore, scrive la Fanella. Io ho aspettato che la temperatura finale del composto si abbassasse sui 40 °C (in abbattitore per una decina di minuti) e poi ho versato sui bicchierini.

Decorare a piacere (io nocciole caramellate).

sabato 20 maggio 2017

Crostata di riso al cioccolato





Un'altra variazione, dopo la crostata di riso al passion fruit della tradizionale torta di riso. Alla friabilità della frolla si accompagna un ripieno morbido e cremoso al cioccolato extra fondente.

Dosi per una torta quadrata da 19 cm di lato e 4 cm di altezza Da "Le dolci tentazioni" di Luca Montersino
Per la pasta frolla di riso e mais
125 g di farina di riso
85 g di farina di mais fumetto
110 g di burro
95 g di zucchero a velo
2 g di lievito
70 g di tuorli (uno medio pesa 18-20 g)



Tirare fuori per tempo dal frigorifero le uova ed il burro di modo che raggiungano la temperatura ambientale.
In planetaria con la foglia (o con un robot da cucina) lavorare il burro ammorbidito con lo zucchero a velo quel tanto che basta ad ottenere un composto omogeneo.
Unire i tuorli e le polveri previamente setacciate insieme tra loro.
Formare un panetto, avvolgerlo nella pellicola alimentare e porre in frigo per almeno un paio d'ore (la frolla può essere preparata anche il giorno prima; quella in esubero si può congelare).

Per il ripieno di riso al cioccolato
100 g di riso
600 g di latte
100 g di panna
75 g di burro
75 g di zucchero
175 g di cioccolato fondente 70%
50 g di tuorli
1 grammo di sale
semi di un baccello di vaniglia

In una casseruola cuocere a fuoco molto basso il riso con il latte, la panna,i il sale ed il baccello di vaniglia privato dei semi, fino a quando i liquidi non saranno completamente assorbiti. Togliere dal fuoco ed incorporare in sequenza lo zucchero, previamente mescolato con i semi di vaniglia (in tal modo si esalta il sapore), il cioccolato fondente sminuzzato, i tuorli ed il burro freddo. Mescolare per formare un composto omogeneo.
Rivestire la tortiera tirando la frolla a 3 mm di spessore e completare con i cuori di frolla.
Cuocere in forno preriscaldato a 180 °C per  un'ora e quindici minuti.


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